La storia di Anne, una giovane donna che decide di abortire per completare i suoi studi e sfuggire al destino sociale della sua famiglia proletaria. La storia della Francia nel 1963, di una società che condanna il desiderio delle donne, e il sesso in generale. Una storia semplice e dura, che ripercorre il cammino di chi decide di agire contro la legge. Anne ha poco tempo davanti a sé, gli esami si avvicinano e il suo ventre si arrotonda…
IN ANTEPRIMA MONDIALE AL CINEMA DAL 4 NOVEMBRE
INTERVISTA CON ANAMARIA VARTOLOMEI
Intervista con Anamaria Vartolomei
Come è diventata Anne, la protagonista di L’ÉVÉNEMENT?
Tutto è cominciato dai provini con Audrey Diwan e la direttrice del casting, Elodie Demey. Ho interpretato alcune scene chiave: una scena all’università, quella in cui scopro di essere incinta e una scena di socializzazione, di rimorchio tra gli studenti. Queste scene erano rappresentative dei principali stati emotivi attraverso i quali passa il mio personaggio. Passare dall’una all’altra è stato di per sé un lavoro molto impegnativo.
In che modo il romanzo di Annie Ernaux, di cui il film è un adattamento, l’ha aiutata per il suo lavoro?
Sono stata particolarmente ispirata dallo stile di scrittura del romanzo. È molto brusco, molto crudo, senza fronzoli e molto preciso. In questo modo ti mette davanti alla realtà dei fatti. Con la sua determinazione, Annie Ernaux è una scrittrice che ha contribuito molto a mettere in risalto la condizione delle donne, si impegna affinché possano essere libere e coscienti di sé allo stesso tempo. Per quanto riguarda la protagonista di L’ÉVÉNEMENT, questo viene espresso mostrando il suo desiderio, e il fatto che non lo nasconda. Si accetta completamente. Il romanzo mi ha anche fortemente ispirata per comprendere le sensazioni fisiche che vive il mio personaggio, come il dolore, ad esempio.
Come si è preparata al ruolo insieme ad Audrey Diwan?
Abbiamo parlato molto, scambiato opinioni. Audrey mi ha chiesto di guardare diversi film per costruire il mio personaggio, come base da cui partire. Tra questi film c’era anche ROSETTA dei fratelli Dardenne, al quale ci siamo ispirati per il cognome del mio personaggio. Lo chiamavamo: «il piccolo soldato». IL FIGLIO DI SAUL di László Nemes, per i suoi viaggi allucinatori, la dimensione realistica e pesante di quello che vive il personaggio. Ma anche IL CIGNO NERO di Darren Aronofsky, per parlare del rapporto tra madre e figlia. Non si trattava tanto di ispirarsi agli altri quanto di confrontarsi con loro. E durante le riprese, le nostre discussioni mi tornavano alla mente. Per tutto il tempo aveva questa frase in testa: Anne è un soldato. Va in guerra. Ha degli alleati che perde durante il suo cammino. Finisce a terra. Incassa dei colpi, ma si rialza. Va avanti con ostinazione e tenacia, senza cedimenti. Anne non abbassa mai lo sguardo. Guarda sempre avanti.
Per rappresentare su schermo questa determinazione incrollabile ed essenziale, l’inquadratura è molto stretta, la macchina da presa sembra essere sempre a pochi centrimetri dal suo personaggio. Non l’abbandona mai. Come avete fatto lei, Audrey Diwan e Laurent Tangy, il direttore della fotografia, a mettere in pratica un tale lavoro di precisione?
Eravamo un solo corpo, un’entità a tre teste. Audrey cercava una dimensione viscerale. Laurent era tutto il tempo dietro di me, sulla mia spalla. Sulla mia pelle, su ogni mio minimo movimento. Allo stesso tempo, è un film sulla pulsione della vita. Più siamo vicini alla protagonista, più le sensazioni arrivano immediate allo spettatore, in sintonia con lei. Anche il suono è stato fondamentale in questo senso. Audrey voleva che sentissimo innanzitutto tutto ciò che circonda Anne, cioè la vita universitaria; più si va avanti, più la solitudine del mio personaggio è forte, più il suono cambia. Si perdono gli altri, diventa più interiorizzato. È un’idea poetica.
Anne è talmente concentrata che non sembra avere il tempo per sorridere.
Abbiamo parlato molto con Audrey di questa mancanza di sorrisi. Quando si è molto concentrati, è raro che si sorrida. Ma, allo stesso tempo, Audrey voleva che quando c’era un sorriso fosse molto forte. Che venisse messo in risalto, proprio perché raro. Per Anne l’essenziale passa dallo sguardo più che dalla bocca. Attraverso lo sguardo dovevo far arrivare la solitudine e la paura. Anne non ha il tempo per sorridere, ha a mala pena la possibilità di riprendere fiato. E quest’aspetto è stato sottolineato dal sonoro.
Cioè?
Abbiamo usato il suono come uno strumento, continuamente. Ad esempio, durante una scena, dovevo esprimere allo stesso tempo la paura, il dolore fisico e la forza di volontà. Per aiutarmi, su iniziativa di Audrey, il fonico mi ha messo un auricolare che riproduceva un ticchettio continuo. Ero come una bomba ad orologeria. E più andavo avanti, più il suono di questo metronomo diventava forte. Questo mi metteva in uno stato di massima irritazione. Avevo le vertigini. Ha influenzato molto il mio modo di camminare, e ha anche plasmato le espressioni del mio volto in quelle scene.
La storia si svolge negli anni Sessanta. Come ci si trasforma in una ragazza dell’epoca?
Grazie alle prove. Negli anni Sessanta c’era un linguaggio diverso, una musicalità specifica. Con le mie colleghe, Luàna Bajrami e Louise Orry Diquerro, ci siamo allenate soprattutto a parlare più lentamente, in modo più articolato. Ovviamente questa lentezza ci ha catapultate in un mondo diverso da quello di oggi.
Cosa le resta, a livello personale, di quest’esperienza?
Audrey mi ha permesso di sperimentare uno stato di abbandono vertiginoso. Grazie a lei non ho avuto dubbi su quello che dovevo fare, anche quando le scene mi facevano paura. È stata mia alleata. Ci scambiavamo continuamente indicazioni. Questo film mi ha insegnato ad osare e, allo stesso tempo, ad essere disponibile. È per questo che ho avuto la sensazione di raggiungere un certo tipo di libertà durante le riprese. Una libertà che mi sembrava essere in linea con il testo di Annie Ernaux.
CAST ARTISTICO
ANNE Anamaria VARTOLOMEI
JEAN Kacey MOTTET-KLEIN
HÉLÈNE Luàna BAJRAMI
BRIGITTE Louise ORRY-DIQUERO
OLIVIA Louise CHEVILLOTTE
PROFESSOR BORNEC Pio MARMAÏ
GABRIELLE Sandrine BONNAIRE
CLAIRE Leonor OBERSON
RIVIÈRE Anna MOUGLALIS
GASPARD Cyril METZGER
JACQUES Éric VERDIN
LAËTITIA Alice DE LENCQUESAING
LISE Madeleine BAUDOT
DOTTOR RAVINSKY Fabrizio RONGIONE
MAGDA Isabelle MAZIN
MAXIME Julien FRISON de la Comédie-Française
PATRICK Edouard SULPICE
CÉLINE Leïla MUSE
DOCTEUR GUIMET François LORIQUET
POMPIERE Louis BÉDOT
STUDENTESSA CABINA TELEFONICA Emeline WEICKMANS
STUDENTE DISCOTECA FALUCHE Gabriel WASHER
STUDENTESSA MERCATINO Lomane de DIETRICH
CAST TECNICO
PRODOTTO DA Édouard WEIL e Alice GIRARD
REGISTA Audrey DIWAN
SCENEGGIATORI Audrey DIWAN e Marcia ROMANO con la partecipazione di Anne BEREST
FOTOGRAFIA Laurent TANGY – AFC
MONTAGGIO Géraldine MANGENOT
SCENOGRAFIA Diéné BERETE
COSTUMI Isabelle PANNETIER
TRUCCO Amélie BOUILLY
PARRUCCHIERA Sarah MESCOFF
ASSISTENTE ALLA REGIA Anaïs COUETTE
CASTING Élodie DEMEY – A.R.D.A
SEGRETARIA DI EDIZIONE Diane BRASSEUR
REGIA Gary SPINELLI
CAPO ELETTRICISTA Olivier MANDRIN
CAPO MACCHINISTA Thomas VALAEYS
FONICO Antoine MERCIER
Philippe WELSH
MONTAGGIO SONORO Thomas DESJONQUÈRES
MONTAGGIO Marc DOISNE
DIRETTORE DI PRODUZIONE Monica TAVERNA
DIRETTORE DI POST-PRODUZIONE Mélanie KARLIN
MUSICHE ORIGINALI Evgueni e Sacha GALPERINE