Dal 7 marzo arriva in radio “distopia” il nuovo singolo di Anastasia, brano sicuramente distopico, ma estremamente concreto, disponibile anche in digitale (Hoop Music / Virgin Music Group).
“distopia” è nata un po’ come tutti i miei brani, seduta sul pavimento con la chitarra in braccio. Ho buttato giù qualche accordo e ci ho cantato sopra la prima cosa che mi è venuta in mente. Poi mi sono messa a letto – afferma Anastasia – ricordo che era piuttosto tardi, ho spento la luce e ho buttato giù la maggior parte del testo. Di notte sono sempre più produttiva. Ho scritto in modo molto disordinato tutto quello che mi è passato per la testa e ho registrato con un filo di voce per non fare troppo rumore. Il giorno dopo era praticamente finita, ma c’era qualcosa che mancava, un gancio, qualcosa che chiudesse il cerchio. “distopia” era la parola che mi serviva. L’intero testo si è sviluppato da un’immagine ben precisa e definita: avevo in testa il mio alter ego e dovevo necessariamente rappresentarlo. Sentivo la sua voce, vedevo i suoi capelli, il suo vestito, la sua espressione stoica, il modo di camminare, il corpo che tremava dal freddo. Non sono a conoscenza del motivo per cui l’ho immaginata in quel modo, è successo e basta, ed è sempre stato così. Mi faceva estrema tenerezza, forse perché sapevo che io ero andata avanti e l’avevo lasciata indietro, e in parte mi sentivo in colpa per questo, nonostante sapessi che era la cosa più giusta da fare. Forse mi sento ancora in difetto, talvolta.
Il singolo vuole personificare ciò che non possiamo vedere per razionalizzarlo, dargli una spiegazione logica. Per tutto il tempo non si parla di una persona reale, fisica, bensì di un’emozione volutamente non esplicitata, così che chiunque possa essere libero di scegliere cosa immaginare. L’intento primario è quello di guardare a tutte le esperienze di cui non siamo in grado di fare a meno nonostante facciano male, nonostante si abbia la consapevolezza che facciano male. Vorremmo andare avanti, vorremmo essere lasciati soli, ma quell’emozione, quella persona o quell’esperienza rimane appesa come una pietra dietro le spalle e ci si sente così in colpa per aver desiderato che sparisse che non si è più capaci di lasciarla andare. Non possiamo lasciarla andare. Altrimenti cosa resterebbe di noi stessi? Cosa resterebbe di tutto quello che abbiamo costruito, di tutta la fatica, di tutti i sacrifici, di tutte le conversazioni se sparisse per sempre e non tornasse mai più? Alla fine non possiamo fare altro che imparare a conviverci, sarebbe troppo rischioso lasciarla andare.