Nota: chi non desidera scoprire la descrizione di tutti i fotogrammi del video, può leggere solo le considerazioni relative alla vocalità del cantautore e al livello tematico-stilistico del brano. A chi scrive viene spontaneo osservare innanzitutto le immagini catartiche senza associare l’ascolto, dunque, il lettore interessato all’aspetto, può leggere tali descrizioni nella seconda parte della recensione. Sintetizzando, a proposito si può dire che predominano le sequenze individuali. Interessanti tutte le inquadrature e gli effetti di naturale animazione.I protagonisti appartengono a ogni generazione e non sono attori. I fotogrammi raccontano e valorizzano il testo in ottave, composizione che fa pensare alle matrici letterarie.
La vocalità di Ernesto Bassignano è originale ma richiama quella di Vecchioni. Ciò non si scorge subito e questo rende ancora più unica ed enigmatica l’espressività. I fotogrammi [descritti qui] raccontano e valorizzano il brano. I primi versi sono intonati sillabando ed a cappella. Dopo il primo verso avviene un breve stacco non sonoro a primo ascolto impercettibile. La musicalità compare ad un certo punto a bassa intensità e comprende inizialmente solo tamburrellamenti. Il titolo, nel brano diventa uno dei ritornelli ed è scandito a lungo ed associato a un ritmo più languido. Si ritrova uno stacco solo musicale più intenso e quasi onomatopeico che richiama il titolo del brano estendendolo. Quando ritorna la voce, più alta, il suono è più melodico, strumentale e orecchiabile. Il terzo stacco solo musicale fa ascoltare note di pianoforte proposte lentamente. L’ultimo fotogramma, che precedente quelli che contengono i riferimenti tecnici, è completamente muto. Livello tematico e stilistico. L’intento del cantautore è comunicare il proprio punto di vista sulle identità umane. C’è sempre il Siamo (talvolta rafforzato con un noi) che diventa anafora, soggetto plurale, collettivo, sottointeso. La sabbia e le foglie incarnano la precarietà e solitudine umana come, a livello letterario, ci hanno fatto comprendere Giuseppe Ungaretti e Giuseppe Pontiggia, oltre ad altri poeti.I termini citati al secondo verso attengono alla generazione e al nutrimento, agli elementi naturali e ciò succederà oltre, come leggeremo. L’espressione avverbiale di tempo incuriosisce, come il fatto che l’uomo, cambiando specie, venga inteso come conchiglie che riposano nel mare. Non rammento riferimenti letterari al ciclo sonno-veglia, ma filosofici. L’attenzione poi si trasferisce, come dopo, sulla terraferma, su due delle otto arti, sul teatro e sul palco, siccome tutti noi siamo sempre attori in scena, per fortuna e purtroppo, dalla quale prima o poi usciremo: ritorna il richiamo letterario a Luigi Pirandello e, al verso successivo, quello agli elementi naturali, ora atmosferici (nebbia e sole). (Siamo) Sempre meno sentimento: questo verso mi ricorda un’opera di Giuseppe Ungaretti, Sentimento del tempo, che richiama a livello reale e tematico il senso del brano. Significato del brano che è anche leopardiano e pirandelliano, ampiamente letterario e identitario, abbiamo detto. Siamo tutti senza colpe. Spesso, nuovo avverbio di tempo, Ladri di emozioni/delinquenti nati che fan finta d’esser buoni./ Siamo tutti sempre soli. / Siamo noi le rocce, resistenti, sfrante, sbriciolate/d’una vita (vissuta) sempre a stento, o di stenti, povera e precaria. (Siamo) duplici: timidi sorrisi o risate esagerate/e milioni di parole trascinate via dal vento: infiniti vocaboli al vento, futili, profondi. (Siamo) anche nuvole dipinte: ritornano la natura e l’arte a meravigliare. E soldati innamorati: il verso richiama un certi costrutti e contenuti dell’Orlando furioso./Siamo suoni un po’ stonati (non più solo echi di una festa in musica)/… e pensieri assassinati: espressione fortissima ed azzeccatissima/Occhi sempre rossi (in fin dei conti emozionati, tristi)/Siamo orecchie sempre chiuse: indifferenti/fuori tempo con il cuore: un altro modo per dire talvolta senza sentimento/Sempre a tempo con le offese. Il brano si conclude con i ritornelli, che sono più di uno.
Descrizione fotogrammi
Il singolo “Siamo il nostro tempo” (avrei aggiunto come sottotitolo un altro verso: questo nostro tempo ) – tratto dall’album omonimo di Ernesto Bassignano – si apre con lo sguardo del cantautore intento a temporeggiare e continua con l’immagine di una macchina da scrivere, non in voga oggigiorno, che digita una parola che non si decifra a prima vista: Humanitaria, il nome di una nave bianca e blu di una OMG che appare dopo in lieve moto. L’ambientazione non riguarda le nostre località, ma luoghi apparentemente lontani dove emergono le visioni e problematiche contemporanee cantate. Nella prima scena risalta un colore tra l’avano e un arancione chiarissimo, che tinge la strada, un capannone ed una macchina. Nella seconda scena marinara spicca un molo, un ormeggio dagli stessi colori iniziali e l’imbarcazione già descritta. Visibile poco movimento. La terza scena riprende un occhio di un uomo che a un certo punto socchiude la palpebra. La quarta scena riprende non a tutto tondo delle tende avano-arancioni ed al centro un gruppo di bambini in posa che poi si spostano facendo notare la strada. La quinta scena ritrae lo sguardo di una bambina e la successiva metà volto della stessa piccola che socchiude le labbra. La settima scena rappresenta lo sguardo di una donna dagli occhi verdi – diversi da quelli marroni dei bambini ripresi nelle precedenti. Anche questa donna socchiude le palpebre, più di una volta. Il video continua con l’immagine, più persistente, di un bambino dallo sguardo serio che, con in braccio un cane, è avanti un muro color avano-arancio sul quale si intravedono scarabocchi Ritorna un’immagine che ora traballa: l’occhio di un bambino dagli occhi verdi che fissa l’obiettivo. Nella scena successiva “l’occhio opposto” di una donna che indossa una mascherina celestina e abbassa più fermamente la palpebra. La ripresa successiva riguarda nuovamente lo sguardo di un ragazzino che pure socchiude le palpebre. La visione successiva mostra di profilo il mento di un uomo. Torna un occhio di bambina marrone che fissa l’obiettivo. Una struttura grigia in coimventato – tetto e colonnine retate/cancellata retata semiaperta – accoglie profughi in movimento e seduti: in numero maggiore e quasi in primo piano i bambini. Nella sequenza successiva compare una bocca di uomo chiusa che poi accenna un sorriso. Dopo, la scena dura abbastanza, un neonato piange, tenuto sulla spalla dalla madre che si gira a baciarlo sulla guancia. Lo stesso uomo di una sequenza precedente persiste a zittire il pubblico. Successivamente compare il sorriso di una donna clown della quale si intravede anche il vestiario celeste-nero e la capigliatura ondulata Delle seguenti sequenze, dai diversi toni e dalla diversa ambientazione. La successiva immagine è più dolorosa: riguarda una bambina ferita accampata in terra. Successivamente ritornano ridondanze: gli occhi di un bambino spalancati, poi lo stesso alza le sopracciglia; il mento di un uomo con la bocca chiusa che poco dopo sorride apertamente. Successivamente, in piedi e dallo strappo di una tenda avana, che lievemente si muove, un bambino osserva fuori per un po’ e poi uno sguardo di un’altra bambina fissa l’obiettivo. Su sfondo arancione un ragazzo in piedi ripreso a mezzo busto e che indossa felpa arancione si chiude con le mani le orecchie e movimentando il volto dice no diverse volte. Lo sguardo di una donna dagli occhi marroni che fissa l’obiettivo, muove le palpebre e poi chiude gli occhi. L’occhio proposto successivamente, come i marroni precedenti, è verde acqua ed appare più in luce e vivo degli altri. Compaiono poi le labbra di una bambina che sorriderà. Il protagonista successivo è un bambino con giubbottino senza maniche celeste scuro e inserti gialli ripreso all’aperto mentre accenna un parlato ed un sorriso con i suoi occhi e la sua bocca. Dietro di lui altra gente similmente vestita che indossa pure zaini. La sequenza successiva è il particolare di un orecchio e di un occhio di una neonata adagiata su un lenzuolino rosa e ripresa dal lato. La bambina giocherella. L’immagine successiva è ripresa all’aperto e riguarda una donna dallo sguardo serio e obliquo, avvolta in una coperta dalla fantasia sui toni del blu e dell’arancio come lo sfondo. Altre persone appaiono sfocate. Mostra le movenze e i respiri di un pianto insistente ed una capigliatura ondulata e corvina che accoglie i movimenti lievi dell’aria. Nella scena successiva due donne, la più grande con antico e umile copricapo beige, dal quale fuoriescono i suoi capelli rossicci, che presenta lembi verde acqua con intarsi variopinti arancio; che porta una borsa nera, si abbracciano. La più giovane, porta i capelli biondi e un cappello nero, è coperta da panno beige, come il cappotto dell’anziana. Altra gente non è in primo piano: si intravedono simili colori e indumenti. Nella successiva immagine una bambina dai capelli ricci legati non alla perfezione fissa l’obiettivo; indossa gli orecchini e una giacca di jeans. Alle sue spalle sono appoggiate le mani di una figura in giubbotto rosso-blu. La bambina muove le palpebre. Si ripete il profilo di un volto con barba bianca e colletto chiarissimo che più volte annuisce e nega con i movimenti. Le ultime schermate a sfondo nero, con scritte in bianco propongono il nome e cognome del cantautore ed altri crediti relativi all’opera in esame. Forse, l’uomo ripreso è spesso lo stesso Ernesto Bassignano.
Maria Stella Falco