Seguo i Gate66 da tempo e ho ascoltato quasi tutti i loro brani: ogni volta penso di sapere cosa aspettarmi, e ogni volta mi sorprendono. Eva non fa eccezione.
Rispetto ai singoli precedenti, qui c’è qualcosa di diverso, di più profondo. C’è sensualità, sì, ma anche un senso di attrazione pericolosa, come se ci si muovesse sul filo tra desiderio e smarrimento. Il basso è ipnotico, i synth sono stratificati con una cura maniacale, e quella vena cinematografica che li accompagna da sempre qui raggiunge una nuova maturità.
Mi colpisce come riescano a rinnovarsi senza snaturarsi, restando fedeli a quel pop anni ’80 che è la loro firma, ma reinterpretandolo con una sensibilità tutta loro, quasi aliena. Eva è una di quelle canzoni che senti vera, che ti parla anche quando non sai bene di cosa parla.
È inquieta, affascinante, ambigua. Ed è proprio questo che mi piace. I Gate66 non cercano il facile, e ogni loro nuovo pezzo è una sfida – anche per chi li segue da tempo. Una sfida che, ancora una volta, vincono.