La storia della cristianità è ricca di martiri, santi o comunque personaggi che con i loro gesti eroici hanno dato veri esempi di gentilezza, coraggio e amore verso il prossimo. Tra questi merita di essere conosciuto Rolando Rivi, nato a San Valentino di Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, il 7 gennaio 1931 e morto seminarista, alla giovanissima età di 14 anni, per mano di alcuni partigiani comunisti che, nella furiosa lotta contro i nazifascisti, presero in odio anche la Chiesa e i preti. Proprio il riconoscimento del martirio in odio alla fede ha portato Rolando ad essere beatificato, nel 2013.
Rolando inizia gli studi da seminarista a Marola (Carpineti, Reggio Emilia) con l’intento di diventare prete e missionario sotto la guida del parroco del suo paese, don Olinto Marzocchini, indossando sempre l’abito talare, dal quale non si separa mai. Grazie a questa sua forte testimonianza di amore verso Gesù, Rolando attira tanti altri ragazzini verso l’esperienza cristiana, cosa che non piace assolutamente alle frange armate e senza regole morali che decidono di sequestrarlo, picchiarlo, torturarlo ed ucciderlo, secondo la massima “Domani un prete di meno”. Rolando muore il 13 aprile 1945.
Questa terribile storia è raccontata da Edoardo Tincani nella commovente “Io sono di Gesù”, un brano che ripercorre tutta l’odissea di Rolando Rivi, la cui unica “colpa” è stata quella di aver amato Gesù con tutto il cuore. Eppure, benché la canzone parli di una vicenda tragica, cioè la morte di un ragazzino negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, c’è un’allegra chitarra che con le suo note briose accompagna il racconto.
La musica scritta da Daniele Semprini è volutamente vivace poiché Tincani, autore del testo oltre che interprete, ha immaginato che sia Rolando stesso, già nella gioia del paradiso, a ripercorrere la sua storia, parlando in prima persona. Significativo è il ritornello che recita così: “Io sono di Gesù, non ho paura di alcun nemico. In Lui non muoio più: con la pace nel cuore lo dico!”.
La canzone rivive le ore del drammatico sequestro del bambino (che fu falsamente accusato dai suoi aguzzini di essere una spia tedesca), della prigionia, delle peggiori torture subite, ma anche delle preghiere e dei misteri del rosario che aiutarono Rolando ad affrontare il suo calvario.
Quando Rolando capì che la morte ormai era dietro l’angolo, domandò solo la possibilità di pregare per i suoi cari. “Alle spalle mi raggiunsero due spari: per un attimo fu l’oscurità”: con questa frase sembra che la cattiveria umana abbia ottenuto la vittoria, dando la morte a un innocente. Ma la sensazione dura appunto solo un attimo.
Nulla infatti è più forte del perdono di Dio, un’arma potentissima, e così Rolando, perdonando i suoi assassini, trova la luce piena dell’eternità e ci dice, una volta di più, che la guerra, ogni guerra, è assurda.