L’Orco di Mussolini, l’ultimo romanzo di Marco Di Tillo, narra di una vicenda che ha sconvolto l’Italia negli anni ‘20.
Anni Venti, Italia. Nel giro di pochi anni il terrore invade la città di Roma: sette sparizioni, tutte bambine molto piccole e, tutte e sette, hanno subito violenza prima di essere uccise. La caccia al colpevole è lunga e faticosa, le ricerche sembrano non portare da nessuna parte. Ci rimette un poveraccio di nome Girolimoni che viene accusato del crimine, ma non è lui l’orco. Verso la metà degli anni Venti viene chiamato a investigare il commissario Giuseppe Dosi, un poliziotto alto e robusto che, a soli trentadue anni, vanta già una lunga storia di straordinari successi in Italia e all’estero tant’è che è stimato perfino dal Duce in persona. Inizialmente riluttante, poiché impegnato in un caso rilevante in Francia, si decide infine a far luce sulla questione, riuscendo a smontare man mano tutte le prove contro il malcapitato e a provare l’innocenza di Girolimoni, fino a catturare il vero colpevole. Ma non sempre le cose seguono il corso della giustizia. Sarà il Duce in persona, infatti, a cambiare le carte in tavola e a stravolgere un finale che acquisterà un sapore tutto nuovo, che sa di beffa. Una storia complessa che si intreccia con le vicende storiche, tra cui la sparizione di Matteotti.